Quest’anno nel capoluogo lombardo va in scena la 92esima Adunata degli Alpini: per le strade di Bassano si continuano a celebrare le “mitiche” penne nere
Dal 10 al 12 maggio a Milano si terrà la 92° edizione dell’Adunata Nazionale degli Alpini, battezzata anche Adunata del Centenario perché celebra i 100 anni dell’Ana (Associazione Nazionale Alpini). Il capoluogo lombardo verrà invaso da decine di migliaia di penne nere, provenienti da ogni angolo d’Italia e ovviamente anche da Bassano. Perché, quando si parla di alpini, per la nostra città si parla di un rapporto speciale.
I giorni dell’Adunata sono una festa che ci appartiene, che sentiamo quasi nostra.
Ed inevitabilmente, la mente torna al 2008 quando le strade di Bassano si riempirono di gente in occasione dell’Adunata numero 81. Furono giorni bellissimi, penne nere e bandiere tricolori ovunque, le piazze stracolme di persone, vino e cori fino a notte fonda. Per noi, per i bassanesi, è stata un’Adunata indimenticabile. E lo stata anche per chi veniva da fuori e per l’importanza storica che la nostra città ha avuto nel corso della Grande Guerra.
Era il 1917 e gli alpini, accompagnati dai fedeli muli, salivano il Monte Grappa e l’Altopiano di Asiago per difendere il Paese dall’invasore austriaco. Erano le così dette truppe da montagna dell’esercito italiano, il più antico corpo di fanteria alpino del mondo. E la città di Bassano, all’epoca, era l’epicentro della Resistenza italiana contro le forze nemiche.
Di qui, il rapporto d’amore con la nostra città è diventato speciale e reciproco.
Ne è testimonianza il famoso Ponte Vecchio. Nel corso della sua travagliata storia, il ponte venne distrutto e ricostruito più volte. Nel 1945 fu fatto saltare in aria da un gruppo partigiani. Venne ricostruito per volontà degli alpini e denominato appunto “Ponte degli Alpini”.
Ma forse, l’immagine più bella e romantica dell’alpino, è rappresentata da una piccola statua in bronzo, posta all’imbocco del Ponte Vecchio, in Piazzetta Angarano. È del 2010 e appartiene allo scultore novese Severino Morlin. Ritrae un giovane alpino che bacia la sua bella prima di partire per il fronte. La statua rievoca “il sacrificio delle penne nere e il dramma della guerra, che significa soprattutto la perdita degli affetti”.
Ma non solo.
La scultura è il simbolo dell’amore, quello giovane, puro. In una parola: immortale. E rimanda inevitabilmente a quella canzone popolare che lega ancor di più la figura dell’alpino alla nostra città. È del 1916 e recita così:
“Sul Ponte di Bassano, noi ci darem la mano, ed un bacin d’amor…”